Alcune volte capitano delle cose casuali oppure legate a quello che fai ogni giorno. Giocando a pallavolo e sotto stress alla prima partita, ovvero il 16 ottobre, mi sono rotta il V metatarso del piede destro. Ebbene si, ho rovinato uno dei miei amati odiati piedi. all'interno della scarpa si era formato un enorme bozzo sopra il mignolo e il risultato dell rx è stato un impietosa FRATTURA SCOMPOSTA DEL V METATARSO. Nessuno ha avuto dubbi: dal primo infermiere all'ortopedico. OPERARE. Non ero mai stata in ospedale fino a quel momento. Si qualche volta al pronto soccorso per cose piccole e cretine ma mai ricoverata, mai operata, mai una anestesia. Fasciata mi hanno rispedita a casa e programmato le visete pre operatorie per il lunedì. Il piede faceva male. Ma resistevo. Giovedì 21 ottobre sono stata operata. Letti bianche, un camice bianco, tanti infermieri, dottori, mascherine, flebi, punture e l'anestesia che ti intorpidisce tutta la parte inferiore del corpo. Una puntura nella schiena e in cinque minuti sparisce tutto. La panchia, la patata, le gambe, la vita.... nulla più risponde al di sotto di te. Non ci sono istinti, non ci sono dolori non v'è nulla. Un telo verde davanti, tanti sguardi. Un martello, delle martellate un radiologo che ti guarda e ti dice "iniziano" e tu guardi l'orologio, tic tac tic tac meno dieci alle unidic. Tic tac tic tac. La bellissima e bionda anestesista con gli orecchini azzurri mare che ti guarda, segue l'andamento del tuo cuore e della tua pressione arteriosa... anch io guardavo lo schermo ma ad ogni minuto i battiti erano sempr emeno e la pressione sempre più bassa, così ho iniziato a concentrarmi sui rumori quando tic tac tic tac. 11 e 10 il radiologo mi riguarda, mi gira la macchina con il mio piede ripreso e vedo due enormi fili di ferro che mi escono vicino al mignolo e vicino al tallone. I Fili di Kirschner. Gli chiedo subito di girare lo schermo e chi vuole vedere quello scempio degno di un film dell'orrore. Riparto con il letto verso la mia stanza dove D e mio padre m'aspettano. Non sto male. Poi l'anestesia in men che non si dica sparisce e i dolori più lancinati che abbia mai provato nella mia vita, più forti di quei dolori dell'anima di cui ho spesso parlato in questo blog, mi assalgono. Un continuo pulsare. Una flebo di toradol, un toradol sotto la lingua e a casa. Per una convalescenza di 35 giorni. Sono ancora qui oggi con la gamba semi ingessata e la stanchezza di chi tutto ad un tratto da una vita a velocità folle è passata ad una lentissima giornata nella quale i minuti in attesa che D torni la sera scorrono lenti come miele che cola.
Probabilmente era dovuto un periodo del genere: stavo trascurando tutto, il blog, gli amici (quei pochi rimasti), la famiglia, D, me stessa. Con il volley è finita, sicuramente per quest'anno. E anche per gli anni a venire. Non credo che ce la farei più a stare di fronte ad una rete, saltare davanti ad una avversaria. Rivedrei nella mente il fotogramma della rovinosa caduta e di quel dolore, si così forte.
Immobilizzata ad una gamba aspetto ansiosa il 26 novembre quando mi faranno l'rx e se l'osso si sarà aggiustato provvederanno a sfilarmi i fili di K e a lascirmi libera per una durissima rieducazione. Ho tanta paura. Lo ammetto.
ne ho avuta tanta prima, ne ho oggi e ne avrò quando dovrò riappoggiare il piede per terra. Non voglio fare la moralista ma da questa frattura di per se' non grave come un tumore, un infarto, una ischemia o altro ho tratto un insegnamento: noi amanti dei dolori dell'anima, masochisti di essa, che si graffiano e si lasciano lividi con consapevole piacere dobbiamo provare quelli del corpo per comprendere l'importanza della gioia delle piccole cose.
Di poter camminare, ad esempio.
Sarà banale, ma la mia vita sta cambiando. Sarà il troppo tempo per pensare.
I always love u, Londoncallingste.