mercoledì 22 aprile 2009

CSI - Depressione caspica

no, non ora, non qui in questa pingue immane frana
no non ora non qui, no non ora non qui
se l'obbedienza è dignità, fortezza
la libertà è una forma di disciplina
assomiglia all'ingenuità la saggezza
ma non ora non qui, no non ora non qui
io, in attesa, a piedi scalzi e ricoperto il capo
canterò il vespro, la sera
ecco che muove e sgretola dilaga
uno si dichiara indipendente e se ne va
uno si raccoglie nella propria intimità
l'ultimo proclama una totale estraneità
tu, con lo sguardo eretto all'avvenire
fisso al sole nascente ed adirato all'imbrunire
tu non cantavi mai la sera, non cantavi mai
no non ora non qui in questa pingue immane frana
no non ora non qui no non ora non qui
se l'obbedienza è dignità fortezza
la libertà una forma di disciplina
assomiglia all'ingenuità la saggezza
ma non ora non qui, no non ora non qui
tu non cantavi mai la sera, non cantavi mai
tu non cantavi mai la sera, non cantavi mai

sabato 18 aprile 2009

Aprile è un mese che insinua dubbi. La primavera si snoda nelle strade e la ritrovi negli alberi, nei fiori. Anche nei sorrisi della gente vedi la nuova stagione. Vedi come c’è voglia di pensare al cambiamento. Cambi d’armadio, cambi di scarpe, cambi di colorito della pelle. Cambi anche il fidanzato spesso oppure pensi di poterlo cambiare. Cambi umore velocemente perché il tempo atmosferico muta in continuazione, quasi in modo equatoriale e credi che si, davvero puoi cambiare anche tu. Il sogno di anormalizzare il corso delle cose resta impresso tutte le mattine in cui ti svegli, resta impresso sulla fronte perché vedi che gli altri lo scorgono, quando allupati di conoscenze ti scrutano tra i capelli scomposti e le vene tese per l’ennesima giornata intensa che t’aspetta. E poi si, ci credi anche tu in quei giorni in cui il sole è alto e i problemi assumono un aspetto piccolo rispetto alla grandezza del tuo spirito che ormai inonda i canali del fiumiciattolo che mediocre scorre sotto casa tua. Guardi e ti sembra di poterlo percorrere quasi camminandoci sopra, quasi tu fossi un nuovo Cristo d’anni duemila. Ma non lo sei e forse cristo non è mai esistito e tu non lo sai. Non lo puoi sapere, non c’eri. Crocifissi d’anni zero inseguono in un continuo chiedere perdono di peccati per cui non ti penti davvero. In preda a questo delirio poi la consapevolezza prende piede fino a farti capire che il coraggio c’è. Il coraggio c’è davvero e stai per fottere tutti quelli che ti passano di fianco. Li fotti mandandoli a quel paese che tu conosci, e nel quale poi vorresti andare anche tu ma non lo dici… perché te ne vergogni. Fottere senza sentirsi in colpa come invece senti tutti i giorni in cui seduta dietro a quella scrivania devi sorridere e far credere a cose in cui non credi neanche tu, devi far credere che è tutto bello, che nel mondo ci sono i fiori e che siamo tutti felici. Ma sai, dentro, che non è così e anzi, pensi a quando dovrai di nuovo scontrarti con la bruttezza delle cose, a partire dalla pessima immagine che ti rimanda lo specchio, oh Cristo! Ora ti riduco in mille pezzi di vetro.

mercoledì 15 aprile 2009

L'orgasmo (alla fine l ho pubblicato, dopo titubanze)

Alcune volte poi mi scoppia il cervello. Alcune volte si, mi trovo nella condizione di sognare mentre fuori splende il sole tra le montagne e una coperta color salmone mi ricopre dalla testa ai piedi e il rossetto fucsia s’è ormai sbavato, alla Robert Smith dei Cure. Il cerchietto è andato a finire tra i piedi e vestita così’, in un santissimo giorno di pasqua, ho fatto sogni altamente lussuriosi. Da girone dantesco, ma da peggior girone dantesco. È iniziato tutto in una casa strana e piccola, sviluppata in alto. Di circa dieci piani con ogni piano da dieci metri quadrati. Il primo piano aveva solo un tavolo, di tipo quelli dell’Ikea, bianco e nero che se lo apri diventa per dieci persone, se resta chiuso, per una. Il secondo piano aveva invece un tappeto, probabilmente di origine iraniana con delle testate nucleari al posto delle frange laterali tutte morsicate da un ipotetico cane, che però non ho visto. Al terzo piano un mobile lungo, ovviamente dieci metri quadrati, pieno di scarpe: alte, basse, con i lacci, senza lacci, sandali, scarpe chiuse, mocassini, tempestate di piccoli brillanti oppure semplici, quasi rotte. Rattoppate. Il quarto piano aveva un cucinino intarsiato nel muro dal quale si vedeva solo una teiera. E un portacenere, zeppo di sigarette spente. Al quinto piano molti quadri con volti abbozzati e scritte, rigorosamente in bianco e nero lucide da specchiarsi. Al sesto piano uno stereo, forse che raccoglie solo vinili, non so non ricordo. C’era un vinile. Alberto Camerini. Tanz Bambolina suonava in un profumo s(conosciuto) dei miei migliori anni 80. La scala che mi faceva salire era di legno mangiucchiata dai tarli comunisti, pugno chiuso verso l’alto e sogni d’anarchia. Cattivi pensieri su quella scala. Il settimo piano solo fiori. Freschissime rose rosse in vasi neri dal collo lungo giraffesco. Ecco da dove veniva il profumo, dalle rose. All’ottavo piano, ombre solo ombre. Ombre di uomini alti e magri. E tante mani addosso. Mani aspre, mani rovinate, mani tagliate da vetri abbandonati, mani sanguinanti, mani sorridenti, mani senza alcuna educazione che hanno iniziato a martoriare il mio corpo stanco. Le mie gambe stanche dopo aver salito otto piani e con il respiro che si “inciampava nei denti” (Guccini, Venezia). Mani adorabili dappertutto. Ho iniziato a pensare che quelle mani mi piacevano ma una di esse mi ha spinto con forza al nono piano dove ho capito che la salita era solo verso delle sensazioni sempre più fonde, sempre più provenienti dal mio basso ventre maligno e mi accorgevo dalla linfa che vitale scendeva liquorosa fino a inumidirmi le scarpe. Delle bellissime scarpe dal tacco altissimo ma sinuoso quasi un serpente. Sei il mio serpente. Dov’è il mio serpente? E i brividi sono cresciuti imbarazzanti in uno scoppio deflagrante urla. Era il decimo piano. Una lenta arrampicata che ti fa assaporare passo dopo passo le dita che si insinuano e altre parti umide che ti seviziano l’anima per farti comprendere che si, si sono tua. Scusami se sono tua e ti prego, sii pure la scheggia impazzita che sale e scende, sale e scende. Ma fermati perché la lunghezza non è infinita. Fermati perché l’appartenenza momentanea è più dolorosa di quella perenne. Perché anche il ghiaccio si scioglie e inonda le mani, inonda il tappeto iraniano, inonda il tavolino ikea fino a che non ho capito. Si, voglio un altro orgasmo. Di quelli che ti spezzano le ossa e stai male per giorni, solo per la mancanza. La mancanza di un “giocattolo vibrante in te che cola miele che sa di me in questi silenzi, si pornografici” (Afterhours – Elymania). Ho sete, sete di sentire sensazioni socialmente proibite.
Caffè scorre nelle vene questa mattina e a breve inizierò con serietà a scrivere.

sabato 4 aprile 2009

Questa mattina mi alzo con la consapevolezza di dover fare l'ECDL advanced prima di laurearmi e invece di mettere una bestemmia nel caffè, aggiungo più zucchero. E ascoltando marlene kuntz (ultimamente gettonatissimi qui in my music player) aspetto che mi passi questo mal di testa dovuto poi a chissache. Questa sera separata da D andrò a vedere Bugo con la mia amica Chris. Mi manca tanto la mia amica chris. (baanalità - verità).
Oggi mi sveglio anche con la consapevolezza che se vado avanti così non mi laurerò mai. MAI
MAI !